Il problema ecologico, almeno quello su larga scala, è una questione che ha catturato la nostra attenzione solo in tempi piuttosto recenti, e questo è ancora più vero se parliamo della dottrina cattolica.
Il percorso verso l’enciclica Laudato Si di Papa Francesco, che pone il tema al centro del discorso, passa per le encicliche di Giovanni Paolo II (a cui dobbiamo il concetto di ”ecologia integrale”) e trova la sua origine magisteriale probabilmente nella lettera apostolica Octogesima adveniens di Paolo VI.
Prima di allora quello del rapporto tra uomo e natura difficilmente veniva visto come un problema, e se ne parlava semmai per dimostrare l’eccezionalità dell’uomo nel mondo naturale e la sua supremazia, al punto che diversi autori ecologisti vollero rintracciare nell’immagine biblica dell’uomo la radice dello sfruttamento sconsiderato delle risorse naturali che si è fatto man mano più grave con il procedere delle età moderna e contemporanea.
Ma cosa ci dice davvero la Bibbia a riguardo?
Conosciamo un po’ tutti il punto di partenza: nella Genesi si racconta che Dio creò l’uomo e la donna e li benedisse.
Dio li benedisse e Dio disse loro:
Gen 1,28
«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra e soggiogatela,
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente che striscia sulla terra»
Nel sesto giorno, insomma, l’uomo è posto nel mondo come apice della creazione e gli viene assegnato un potere regale (cfr Dan 2,38) su tutti gli esseri viventi: stando così le cose sembrerebbe proprio che l’uomo possa effettivamente fare ciò che vuole con quello che trova nel mondo, che sia tutto suo per diritto.
Sarebbe tuttavia una lettura molto parziale e superficiale, e non solo perché due capitoli dopo si consumerà quel peccato originale che condurrà alla maledizione del suolo a causa dell’uomo (Gen 3, 17) che rende la terra arida e ostile nei confronti di quello che non sembra più avere le prerogative del re ma si aggira per il mondo come uno schiavo, di cui la nudità è il segno per eccellenza (Gen 3, 7, 18-19): anche senza tirare in ballo il mutamento della relazione tra uomo, Dio e mondo dovuto alla Caduta, è molto importante notare che il sesto giorno non è davvero il culmine della Creazione: manca ancora il più importante, il settimo.
Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni suo lavoro che aveva fatto.
Gen 2,2
È molto importante accorgersi che per la tradizione dei sacerdoti di Israele, a cui fanno capo il primo capitolo della Genesi (lo stesso che descrive l’uomo come dominatore della terra), il Levitico e le profezie di Ezechiele, il Sabato ha la preminenza su ogni altra cosa e sull’uomo stesso.
Anche se Gesù dovrà rimettere al suo posto ”la regola” del Sabato (Mc 2,27), questo dato è in realtà importantissimo e rappresenta la condizione necessaria perché l’uomo possa accampare diritti su qualsiasi cosa, e l’intera storia d’Israele gravita attorno a questo.
Per capirne il perché però dobbiamo rileggere un testo trascurato e bistrattato: proprio il libro del Levitico e, al suo interno, il Codice di Santità, che va dal capitolo 17 al 26.
Questo testo, che prende il nome dall’espressione ripetuta «Siate santi, perché io sono santo», è un codice di leggi che abbraccia tutte le dimensioni della vita del popolo d’Israele, e in quanto tale risulta infine una vera e propria legislazione ecologica in quel senso ampio che adottò Giovanni Paolo II parlando di ecologia integrale.
Ora non ci interessa approfondire i singoli ambiti, e ci limiteremo ad enumerarli: si inizia con la purezza liturgico-cultuale (Lv 17) per poi passare a quella morale-familiare (Lv 18) e alla giustizia sociale e ambientale (Lv 19).
C’è dunque un moto discendente che va da Dio alla terra, ma è a questo punto che il Sabato acquisisce tutta la sua centralità: perché Israele possa stabilirsi nella Terra Promessa ed essere fecondo, non basta che si curi di evitare ciò che lo sporca, ma dovrà fare attenzione soprattutto e prima di ogni altra cosa a far regnare il Sabato sulla sua terra.
Nel capitolo 23 e soprattutto nel 25 appare chiaramente come il Sabato e i giubilei (degli anni appunto ”sabbatici”, in cui al popolo è richiesto di fermarsi per restituire le terre comprate a chi si era impoverito a chi le aveva in principio, cancellare i debiti e far riposare la terra) siano il mezzo con cui Israele risale questa scala per arrivare fino a Dio rendendo giustizia a tutte le creature: non solo i fratelli del popolo, ma anche la terra, gli animali domestici, gli alberi da frutto, gli schiavi e gli stranieri, e questa giustizia corrisponde al riposo del Sabato.
Non si tratta di una semplice regoletta, o di una scansione del tempo, questa giustizia del Sabato per il Levitico contiene il significato di tutta la storia d’Israele.
Quando infatti questo si troverà in esilio, lontano dalla sua terra, ricorderà le maledizioni poste a conclusione di questo libro:
Ma se non mi darete ascolto e se non metterete in pratica tutti questi comandi (…) manderò contro di voi il terrore, la consunzione e la febbre, che vi faranno languire gli occhi e vi consumeranno la vita. Seminerete invano le vostre sementi: le mangeranno i vostri nemici. (…) Le vostre energie si consumeranno invano, poiché la vostra terra non darà prodotti e gli alberi della campagna non daranno frutti. (…) Manderò contro di voi la spada, vindice della mia alleanza; voi vi raccoglierete nelle vostre città, ma io manderò in mezzo a voi la peste e sarete dati in mano al nemico. Quando io avrò tolto il sostegno del pane, dieci donne faranno cuocere il vostro pane in uno stesso forno e il pane che esse porteranno sarà razionato: mangerete, ma non vi sazierete. (…) Devasterò io stesso la terra, e i vostri nemici, che vi prenderanno dimora, ne saranno stupefatti. Quanto a voi, vi disperderò fra le nazioni e sguainerò la spada dietro di voi; la vostra terra sarà desolata e le vostre città saranno deserte. Allora la terra godrà i suoi sabati per tutto il tempo della desolazione, mentre voi resterete nella terra dei vostri nemici; allora la terra si riposerà e si compenserà dei suoi sabati. Finché rimarrà desolata, avrà il riposo che non le fu concesso da voi con i sabati, quando l’abitavate.
LV 26,14;16;20;25-26;32-35
Vedete come la pena stessa del tradimento dell’alleanza rispecchia lo stesso ordine ecologico enunciato nei capitoli precedenti: il mancato riposo si sconta prima a livello personale, con la malattia fisica, poi rovina il lavoro, i rapporti interpersonali, i rapporti con i vicini, finché la terra che non ha potuto riposare per l’avidità dei suoi abitanti è costretta a vomitarli via (Lv 18,28).
Così il soggiorno degli israeliti a Babilonia sembra servire ad insegnar loro come persino il popolo eletto non abbia il diritto di fare ciò che vuole con la terra che gli è stata data, ma possa abitarla ed essere fecondo soltanto rispettando i suoi sabati, soltanto permettendole di riposarsi come anche lui ha bisogno di riposarsi, e come anche Dio si riposa per contemplare la sua Creazione che è cosa molto buona.
Comprendiamo dunque in che senso l’uomo possa essere re del creato e dominare tutte le creature: può esserlo se si sottomette alla legge del Sabato, ovvero se si fa custode dell’armonia voluta da un Dio che nell’ultimo giorno ha deciso di riposarsi per mostrarci che il senso della Creazione è la sua bellezza e non la sua utilità.
Fra Michele Silvi
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